
Quarant’anni fa FIAT presentava una delle auto più sorprendenti e controcorrente mai uscite dai cancelli di Mirafiori: la Uno Turbo i.e.
Era l’epoca delle “piccole bombe”, che sapevano far sognare giovani e appassionati, riuscendo a racchiudere prestazioni da sportiva in carrozzerie da utilitaria. Era la risposta torinese a un fenomeno già consolidato in Francia e Germania, tanto è vero che la Uno Turbo entrava in modo impetuoso in un club elitario, dominato da concorrenti blasonati, ma lo faceva a modo suo, ovvero con una tecnica raffinata, prestazioni esaltanti e uno stile non convenzionale.
Roberto Giolito, Head of Stellantis Heritage, ha detto: “La Uno Turbo i.e. è stata molto più di una piccola sportiva: era un sogno a portata di mano, un simbolo di libertà per un’intera generazione cresciuta con il cuore che batteva al ritmo del turbo. Aveva grinta, carattere e quel suono inconfondibile che ti faceva voltare al suo passaggio. Era un’auto che parlava ai giovani, ma lo faceva con un linguaggio adulto, fatto di tecnica e innovazioni. Ancora oggi, a quarant’anni di distanza, chi l’ha guidata la ricorda con un sorriso. Perché certe auto non invecchiano: diventano simboli di un’epoca o di una generazione che vuole continuare a sognare”.
Presentata ufficialmente nella primavera del 1985, quando il modello Uno lanciato due anni prima aveva già superato il milione di unità vendute, la Turbo i.e. nasce da una ricetta tanto semplice quanto efficace: un motore 1.301 cm³ dotato di iniezione elettronica Bosch, accensione digitale Magneti Marelli, turbocompressore IHI VL2 raffreddato ad acqua e un intercooler aria/aria. Risultato? 105 cavalli, una coppia poderosa da 147 Nm a 3.200 giri, 200 km/h di velocità massima e 8,3 secondi nello 0 a 100 Km/h. Il tutto in un corpo vettura da soli 845 kg. Il telaio, irrigidito con una barra antirollio e abbinato a un impianto frenante con dischi ventilati anteriori, completava un assetto da vera piccola sportiva. Il cambio a 5 marce era derivato dalla Ritmo 105 TC. La strumentazione, analogica Veglia-Borletti o – su richiesta – completamente digitale firmata Nippon-Seiki, era un tripudio di indicatori: tachimetro, contagiri, manometri per pressione e temperatura olio, temperatura acqua, livello carburante e, ovviamente, il manometro del turbo. Da notare l’innovativo “check panel” – un display che indicava lo stato di porte, luci, raffreddamento e lubrificazione – che era un’assoluta novità nel segmento delle compatte.
La carrozzeria presentava paraurti ridisegnati con fendinebbia integrati e feritoie per il raffreddamento dell’intercooler e dell’olio, minigonne e archi passaruota della Uno SX, e un portellone con spoiler in vetroresina. I cerchi in lega da 13” diamantati montavano pneumatici ribassati 175/60 e coprimozzi con lo scorpione Abarth su sfondo rosso. L’interno era un esercizio di sportività elegante: velluto nero decorato con le cinque barrette rosse del logo Fiat, moquette rossa, cinture nere, volante a quattro razze e un orologio digitale a cristalli liquidi rossi. Il tutto condito da un sound profondo, grazie al terminale di scarico cromato dalla forma schiacciata.
Anche Michele Alboreto, all’epoca pilota ufficiale Ferrari in Formula 1, volle toccare con mano le potenzialità della Uno Turbo. Accadde in Brasile, nel 1985, durante una sessione speciale organizzata da FIAT sul circuito di Jacarepaguá. Alboreto salì a bordo della piccola sportiva torinese per un test esclusivo che fece il giro del mondo. Al termine della prova, il campione italiano non nascose la sorpresa: “È un’auto che diverte, sincera nella risposta, con un’erogazione del turbo che sa regalare emozioni. Con qualche cavallo in più, sarebbe perfetta anche in pista.” Un riconoscimento che, venendo da chi guidava la monoposto più ambita del pianeta, suonò come una consacrazione definitiva per la Uno Turbo.
Nel 1986 il primo aggiornamento introduce nuovi colori, mascherina e specchietti in tinta, strisce adesive “Turbo i.e.” lungo le fiancate, e il debutto di un cruscotto digitale verde più leggibile.
Il restyling del 1987 – model year 1988 – introduce il rivoluzionario (ma problematico) “Antiskid”, un sistema antibloccaggio progettato da AP Lockheed che agiva solo sulle ruote anteriori. Poi, tre anni dopo, arriva la seconda serie, più matura e moderna. Il motore cresce a 1.372 cc, la turbina diventa una Garrett T2, la potenza sale a 116 CV e l’auto scatta da 0 a 100 km/h in appena 7,7 secondi. L’estetica è più sobria: paraurti con filo rosso, spoiler integrato, nuovi cerchi a quattro razze, interni più ergonomici, sedili a quadretti neri e grigi, volante Momo in pelle. Rimane in listino anche la versione catalizzata – con 112 CV – per rispettare la direttiva Euro 1, affiancata dalla sportivissima Racing, riconoscibile per i dettagli in tinta, la scritta in corsivo e l’equipaggiamento full optional: tetto apribile, chiusura con telecomando, lavafari, alzacristalli elettrici e vernice metallizzata.
Una curiosità: alcune Uno Turbo i.e., in entrambe le serie, furono trasformate in esemplari unici da carrozzerie artigianali che acquistavano le scocche direttamente da FIAT, complete solo della meccanica. Ogni vettura veniva poi rifinita su richiesta, con colori fuori serie, dettagli estetici personalizzati, cerchi dedicati e interni in materiali pregiati come pelle o Alcantara. Non mancavano optional da auto di categoria superiore, come l’aria condizionata. Questi allestimenti speciali, spesso riportati sul libretto e su targhette identificative, portavano firme storiche come Coriasco (Style), Scioneri, Giannini, Moretti e Hormann. Proprio Moretti, nel 1986, presentò la Uno Turbo MX che si distingueva per la colorazione (in tinta unita), i cerchi in lega con pneumatici ribassati, gli interni in Alcantara, cruscotto con parti in radica e strumentazione digitale.
La Uno Turbo i.e. rimase in produzione fino al 1994 (con alcune immatricolazioni anche nel 1995), passando infine il testimone alla Punto GT. Nel frattempo, aveva conquistato il cuore di oltre 50.000 automobilisti, diventando un simbolo non solo per i numeri, ma per il carisma e per la capacità di accendere l’immaginazione di una generazione. Ancora oggi, il rombo di una Uno Turbo ben tenuta è capace di far voltare chiunque sappia cosa rappresenta. Pochi modelli, nella storia dell’auto italiana, sono riusciti a lasciare un segno così profondo.
Del resto, il successo della Uno Turbo va ben oltre i dati tecnici: è entrata nell’immaginario collettivo come simbolo di un’intera generazione, quella che “andava al massimo e voleva una vita spericolata”.
Ed è proprio quell’anima ribelle e indomita che oggi la consacra tra le youngtimer più desiderate. Ne sono sopravvissute poche, soprattutto in configurazione originale, e le quotazioni hanno superato i 20.000 euro. Non male se si pensa che il prezzo di listino, nel maggio del 1985, era di 14.450.000 lire. Ma più del valore economico, resta intatto il mito. Quello di una Fiat che sapeva osare, che metteva il turbo al cuore dei suoi modelli e dei suoi clienti, dando vita a un’icona di libertà e divertimento che, quarant’anni dopo, continua a rombare.
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